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Conversione o Vocazione di Paolo?

- di Daniele Fortuna -


Secondo una visione tradizionale, immortalata dal famoso quadro del Caravaggio, Paolo era un ebreo integralista che sulla via di Damasco si è “convertito” al Cristianesimo, cadendo da cavallo, apostata per i suoi correligionari, ma per la Chiesa di Cristo modello di un persecutore divenuto credente e autentico testimone della nuova religione, destinata a soppiantare l’antica. Questo grandioso Apostolo ha portato il Vangelo fino a Roma e la sua “conversione” è stata un avvenimento così importante per la cristianità, che a partire dal VI secolo viene celebrata dalla chiesa latina con una solenne memoria liturgica, appunto la festa della “conversione” di san Paolo il 25 Gennaio.

In realtà, la “conversione” di San Paolo non è mai avvenuta! Mai l’Apostolo delle genti ha detto di essersi “convertito” ad un'altra religione, allontanandosi da quella dei suoi padri. Quando parla di quanto è successo sulla via di Damasco grazie all’incontro con Gesù, Paolo descrive l’evento come una chiamata, un’illuminazione, una nuova conoscenza, una rivelazione apocalittica, una nuova creazione, un essere stato conquistato da Cristo… Il termine “conversione”, invece, lo usa in modo appropriato per i Tessalonicesi, (1Ts 1,9), ricordando quando si sono allontanati dagli idoli per servire il Dio vivo e vero. Per questo il 25 Gennaio sarebbe più corretto celebrare la Festa della “vocazione” (non della “conversione”) di san Paolo!

Nella lettera ai Galati Paolo stesso ci racconta la sua vocazione, ricalcando il modello della vocazione di profeti come Geremia (cf. Ger 1,5). Tale vocazione lo ha costituito quale «apostolo delle genti» (Rm 11, 13). Ora, questa definizione ha senso soltanto se lui è rimasto dentro un’appartenenza ebraica, perché le genti (ta ethnē) sono tali solo in rapporto al popolo d'Israele. Paolo è dunque un ebreo che ha trovato in Cristo il compimento della speranza d’Israele (cf. Rm 15,8) e che ha annunziato il Signore Gesù ai non ebrei. Non è mai passato alla religione “cristiana”, perché al tempo di Paolo i seguaci di Gesù erano considerati come una setta o un movimento interno al giudaismo (erano chiamati “quelli della via” o “Nazorei”: At 9,2; 18,25-26; 19,9.23; 24,5.14.22) e il “cristianesimo”, in quanto religione distinta dall’ebraismo, nascerà molto dopo…


Dalle lettere autentiche di Paolo:

«E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo» (2Cor 4,6). «Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,16-17). «Vi dichiaro fratelli che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l'ho ricevuto né imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò per la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti...» (Gal 1,11-15). «Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo» (Fil 3,12).


Dagli Atti degli Apostoli:

«Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. Ed egli: “Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”. Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. C'era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: “Anania!”. Rispose: “Eccomi, Signore!”. E il Signore a lui: “Su, va' nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista”. Rispose Anania: “Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome”. Ma il Signore gli disse: “Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”» (At 9,1-16). Lo stesso racconto, con lievi modifiche, è messo da Luca sulla bocca di Paolo in At 22,4-15 e At 26,9- 18.

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