La giornata di oggi si è aperta con una triste notizia che nel giro di pochi minuti ha fatto come un tamtam per tutta la città di Reggio. L'amico Emilio Campolo, storico dirigente dell'area pedagogica-trattamentale delle carceri cittadine, non ce l'ha fatta e il suo cuore ha cessato di battere.
La notizia che gli amici di sempre non avrebbero mai voluto ascoltare, e per la quale hanno intensamente pregato perché non avvenisse, si è levata come un urlo nella notte che squarcia il cielo cupo del mattino e l'anima di quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di voler bene al buon Emilio.
Tra le prime telefonate giunte anche a me, in qualità di ex cappellano della casa circondariale Reggina, mi ha colpito come una spada che penetra nell'intimo, quella di un ex detenuto che commenta la ferale notizia così: «Sapevo che stava molto male, ma pensavo che il Signore l'avrebbe salvato per tutto il bene che ha fatto a tutta la popolazione detenuta». Una parola, questa, tanto terribile quanto vera, che apre con maggiore spasimo la già profonda ferita del cuore. Una parola dura davanti alla quale anche un prete non può che restare in silenzio accettando nella fede la volontà di Dio che dispone i tempi del nascere e del morire.
Ho conosciuto Emilio Campolo già dai tempi della mia adolescenza nella Parrocchia del Soccorso dove lui svolgeva il ruolo di educatore e responsabile degli allora fiorenti gruppi giovanili. Lo ritrovai dopo circa venti anni, precisamente nel 2004, quando fui nominato Cappellano del Carcere di San Pietro.
Non dimenticherò mai la sua accoglienza affettuosa, fraterna e gioiosa che mi accompagnò e che lui mi garantì per i ben quattordici anni della mia presenza e servizio nell'istituto penitenziario. Dal primo giorno proponemmo un’infinità di iniziative, attività ed eventi di carattere pedagogico e trattamentale, a beneficio delle centinaia e centinaia di detenuti là ristretti.
Anche tutte le attività di carattere spirituale e religioso venivano organizzate e realizzate in piena sintonia e collaborazione e sempre con l'approvazione e l'incoraggiamento dell'indimenticabile Direttrice dottoressa Maria Carmela Longo.
Ma ciò che mi piace ricordare più del suo più che quarantennale servizio nella casa circondariale è l'attenzione e la promozione del volontariato in carcere. Ai miei tempi erano oltre quaranta i volontari di ogni età, cultura ed estrazione sociale che prestavano il loro servizio generoso e gratuito consentendo un efficace incontro: era come un cordiale abbraccio tra "le due città" quella che vive nel normale "logorio della vita moderna" e quella che vive ristretta al di là degli invalicabili cancelli di recinzione della popolazione detenuta.
Grazie Emilio fratello e amico di tutti, resterai vivo nel cuore di ognuno di noi, che con te abbiamo percorso un bel tratto di strada insieme, per molti come me, uno dei più belli dell'intera nostra vita. Veglia adesso come angelo tutelare sulla tua cara famiglia, in particolare su Domenico e Alessandro, e sulla schiera di innumerevoli amici, tra questi moltissimi fratelli carcerati, che da te hanno ricevuto affetto, attenzione e disponibilità come la lezione più grande di solidarietà e la testimonianza più vera di carità.