Carissimi nel Signore,
anche quest’anno la Quaresima, torna a noi come un tempo prezioso e propizio offertoci dal Signore, come tempo di conversione e di penitenza. Spogliatosi ormai dal suo aspetto lugubre e triste, essa è un tempo gioioso per ritornare al Signore e un tempo prezioso di riconciliazione con i fratelli. Tutto il nostro corpo e il nostro spirito deve essere proteso e impegnato al perseguimento di questo fine. A nulla valgono i fioretti, le rinunce e le mortificazioni se non hanno come fine, un amore più sincero verso il buon Dio (fede), un amore più concreto verso il nostro prossimo (carità). Ecco perché la Quaresima deve essere una sorta di “Scuola di preghiera”, una specie di “Palestra di spiritualità”, per ripensare, rivedere e rilanciare il nostro rapporto con Dio e la nostra relazionalità con il prossimo, a cominciare dalla nostra famiglia, dal nostro gruppo di appartenenza, dai luoghi che frequentiamo, per motivi di professione, di studio, di sport, di svago. Tutto deve essere vissuto al meglio (senza molte rinuncie), e tutto ci deve aiutare a che la Quaresima, sia davvero un tempo santo, che ci porti a una vita santa, non solo in questo periodo dell’anno, in questo tempo santo cioè, ma sempre e dovunque, tutti i giorni della nostra vita. Ecco perché mi permetto di darvi qualche suggerimento utile, affinché sappiamo utilizzare al meglio i nostri sensi e le varie parti del nostro corpo, che solo se utilizzati bene, possono essere fonte di conversione sincera e dunque di vera santificazione personale.
Gli occhi – In questo periodo siano utilizzati, davvero per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli. Rinunciamo alla visione di spettacoli, di programmi che certamente non edificano e non ci aiutano né umanamente, né spiritualmente. Impariamo a contemplare Gesù presente nell’Eucaristia, a fissare il nostro sguardo su di Lui, realmente presente nel SS. Sacramento, L’Adorazione Eucaristica, ogni giorno, al mattino alle 8.30 e la sera alle 17, e specialmente le Sacre Quarantore, vengono proprio per questo.
Le orecchie – Impariamo ad ascoltare e a gustare la Parola di Dio, che è sempre “lampada nel nostro cammino e luce ai nostri passi”. Leggere ogni giorno una paginetta del Vangelo, Riprendere e rileggere il Vangelo della Domenica precedente o successiva, è esercizio preziosissimo per crescere nella santità personale e comunitaria. Gesù ama intensamente “chi ascolta la sua parola e la mette in pratica”. Non prestiamo l’orecchio ai pettegolezzi, alle critiche, a chi sparla e getta fango del fratello o della sorella.
La bocca – Signore poni una custodia alle mie labbra, sorveglia la porta della mia bocca, così ci fa pregare la Parola di Dio. Ecco perché vogliamo accogliere l’invito di San Paolo che ci esorta: Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca, ma piuttosto parole che servano per l’edificazione vicendevole. Sforziamoci di non cadere nei turpiloqui, nelle conversazioni frivole e licenziose, usando parolacce o peggio bestemmie. Impariamo invece ad aprire la bocca solo per lodare Dio, e come facevano i Santi, usiamo la bocca solo per parlare con Dio o per parlare di Dio, memori anche “che, di cui non si piò parlare bene e meglio tacere”.
Le mani – Usiamole non tanto per prendere, per avere, o qualche volta per rubare, ma per donare, per offrire, regalare, per elargire, per servire. Liberiamo in questo periodo la nostra vita da ogni attaccamento smodato alle cose terrene e caduche, alle cose materiale che un giorno, volenti o nolenti, dovremo lasciare ad altri. Liberiamoci da tutte le cose superflue, vestiti, abiti, oggetti e cianfrusaglie varie che fanno scoppiare i nostri armadi, appesantiscono la nostra vita e non ci fanno stare bene. “Il Signore ama chi dona con gioia”. Apriamo la mano ai fratelli meno fortunati di noi e sperimenteremo quando è grande e generosa la mano di Dio verso di noi. Una volta questa si chiamava provvidenza. Usiamo le mani per accarezzare un bambino, un vecchietto, un malato. Facendo sentire la carezza d Dio per i figli suoi più deboli e più fragili. E non esitiamo a giungere le mani (mani giunte) per pregare Dio con tutto il cuore.
Le ginocchia – quante volte ci siamo inginocchiati davanti agli uomini, specie ai più ricchi e potenti, per avere qualcosa. Impariamo a piegare le ginocchia davanti a Dio. Riscopriamo la bellezza di questo gesto, che è gesto di fede, di amore, di adorazione verso il nostro Dio, verso il nostro Re. “Perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi”. Lo faremo più frequentemente, in questo periodo, soprattutto entrando in chiesa, facendo la Visita al SS. Sacramento, durante l’Adorazione Eucaristica e durante la Messa, alla Consacrazione. Stare in ginocchio, nelle preghiera comunitaria soprattutto, è un bel gesto di fede, di amore e di devozione verso Dio, che crediamo realmente presente, vivo e vero, nell’Eucarestia, ma anche verso i fratelli, che sono nei banchi dietro di noi, e che non sono venuti certo a vedere le nostre spalle o le parti posteriori del nostro corpo. Non preoccupiamoci di sporcare le ginocchia, o i pantaloni, ma soprattutto non ci vergogniamo, perché Gesù ha detto: “Chi si vergognerà di me, io mi vergognerò di lui”.
Il tempo – non c’è ricchezza più grande del nostro tempo. Ma come lo utilizziamo? Come lo spendiamo? Usiamo bene il nostro tempo, non sciupiamolo, non sprechiamolo, difendendoci poi, dietro un triste e infantile: “Non ho tempo”. Eppure daremo conto a Dio, soprattutto per non aver saputo sfruttare al meglio il nostro tempo, andando dietro a tante cose futili e insignificanti, invece di metterlo a disposizione di Dio e dei nostri fratelli.
Il cuore – Infine il cuore, che è la fonte della vita. E che è anche il segno più grande della capacità che il Signore ha voluto mettere dentro ciascuno di noi, la capacità di amarLo sopra ogni cosa e di amare il prossimo come noi stesso. Riflettiamo sempre sul bellissimo Inno della Carità, del nostro amato San Paolo, che ci ricorda che, a nulla ci giovano le opere buone, se manca il cuore, “anche se dessi il mio corpo per essere bruciato vivo e distribuissi le mie sostanze ai poveri, ma lo facessi senza carità, senza cuore, non mi serve a nulla”. La Quaresima, allora sia il tempo del cuore, di un cuore nuovo, di un “cuore di carne”, che sostituisca “quello di pietra”, e che sia davvero capace di amare Dio sopra ogni altra cosa e il prossimo come noi stessi. Solo allora la nostra prossima Quaresima sarà il tempo più bello, il tempo più prezioso, il tempo più gioioso, che Dio mette a nostra disposizione, e che non potrà non portare i frutti sperati di fede, di speranza e di carità, per noi e per il mondo intero.
Mons. Giacomo D’Anna