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La vera gioia è amare donando la propria vita agli altri

Il commento al vangelo della VI Domenica di Pasqua (Domenica 9 maggio 2021) a cura di monsignor Giacomo D'Anna.



Anche il vangelo di questa VI domenica di Pasqua ricorda l’importanza dell’espressione “rimanere”, e lo fa aggiungendo una caratteristica che dà senso e forza al fondamentale messaggio del divin maestro: «Rimanete nel mio amore». Gesù non ha semplicemente parlato di amore, non ci ha lasciato belle lezioni sull’amore, ma ci ha insegnato ad amare, dandoci l’esempio, ossia amandoci in prima persona.

Amor con amor si paga, così recita il celebre verso di Petrarca, invitando chi è amato a riamare a sua volta e ricordando che l’amore si apprende sperimentando cosa significa essere amati. Sembra funzioni così anche nella vita stessa di Gesù, il quale afferma di amarci perché ha conosciuto prima l’amore di suo Padre: «come il Padre ha amato me anch’io ho amato voi». Dio Padre allora costituisce la fonte dell’amore, il vero maestro e testimone dell’amore vero. Un amore inesauribile che lo stesso Padre ha voluto dimostrare non limitandosi solo ai doni della creazione, a quelli della sussistenza e della provvidenza, che sarebbero stati per se stessi già più che sufficienti, ma soprattutto con il dono della redenzione, con il dono del suo unico Figlio, l’amato, che ha comunque voluto mandare nel mondo «per noi uomini e per la nostra salvezza». Da allora i cristiani hanno compreso che non ci può essere un amore più grande di quello di Dio, ma sanno anche che il loro amore non sarà mai abbastanza grande se non seguiranno l’esempio di Gesù, che non si è limitato a darci qualcosa del suo superfluo, come spesso facciamo noi con i più poveri e bisognosi, ma la propria vita per amore dei fratelli. Ne segue una ulteriore eccezionalità. Più questo amore si dona, più cresce, come sperimenterà e insegnerà San Francesco di Assisi, quando proclamerà che “è donando che si riceve”. Eppure, quanta fatica a superare la legge pagana del do ut des, la logica del ti do se tu mi dai, ti rispetto se tu mi rispetti, ti amo ma a condizione che tu mi ami, entrando così in un’immane pretesa, se vogliamo umanamente comprensibile, ma che cristianamente non può non considerarsi assurda, e che finisce per inaridirci e impoverirci sempre più. Solo scoprendo e vivendo la logica dell’amore vero, quello insegnato e vissuto da Cristo, potremo definirci pienamente cristiani, ed essere autenticamente felici. Per i cristiani allora è l’amore la legge della vita, una legge che Gesù definirà poi “il suo comandamento”, e che deve diventare ogni giorno di più il nostro unico impegno, il nostro autentico stile di vita. Ma il cuore di tutto il discorso di Gesù sta nel fatto che in questo tipo di amore che si dona risiede il segreto dell’umana realizzazione e della vera felicità: «vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Da qui la certezza di fede che è questo l’unico modo per avere la gioia, una gioia vera e piena. E quanto bisogno abbiamo di gioia, in particolare in questo periodo di confusione, smarrimento, depressione dovuto alla persistente pandemia che ha colpito il mondo intero e che sembra non volerci più lasciare. Ma il Vangelo di oggi ci ricorda che la gioia vera non può e non deve apparire tanto una promessa scontata e a buon mercato, poiché richiede un impegno davvero notevole, quello cioè di un amore che abbia le caratteristiche dell’amore senza misura, dell’amore senza limiti e che consiste appunto nel dare concretamente la vita per gli altri. In questo senso Gesù resta il vero maestro dell’amore, perché vero testimone, in quanto ha vissuto in primis quello che ha insegnato, con la conseguenza che per noi credenti la croce rimane la lezione più bella e credibile dell’amore vero.

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