- di Mons. Giacomo D'Anna -
Carissimi nel Signore, “È quasi Natale” era il titolo di una bella canzone di Luca Carboni, eseguita tante volte anche nei nostri tanti Recital Natalizi organizzati con e per i nostri Ragazzi del Catechismo e dell’ACR. Anche quest’anno ripetiamo, grazie a Dio, “È quasi Natale”, un annuncio, una notizia che non possiamo nascondere è accompagnato comunque da un certo senso di mestizia, di tristezza, per tante situazioni di difficoltà e di sofferenza, vicine e lontane da noi, che comunque ci toccano profondamente, in particolare la persistente pandemia che non ci permette di celebrare con serenità e spensieratezza neanche questo Natale 2021. Le diverse ondate e varianti, che si presentano sempre minacciose e insidiose, diffondono se non il virus vero e proprio, la diffidenza, la paura, il sospetto. L’ansia, la preoccupazione e la psicosi sono accovacciate alla porta di ciascuna realtà e istituzione, ma anche di ogni persona e famiglia, e il contagio di quest’ultima si diffonde con un’intensità forse superiore al Covid-19 stesso. Motivo di particolare sofferenza è che, come dicono i mezzi di comunicazione sociale, adesso è la volta dei bambini, per cui sono tantissimi quelli colpiti da questa fastidiosa emergenza e se non direttamente, ugualmente costretti ad un’estenuante quarantena, sol perché entrati in contatto con compagni della stessa classe risultati positivi. Anche la nostra parrocchia, come tutte le altre credo, deve fare i conti con una situazione certamente non bella e felice, ma cerchiamo in tutti i modi di tenere alto il morale, di non farci prendere dalla depressione e dalla paura e di infondere nel cuore di tutti pace, gioia e serenità, senza per questo abbassare la guardia su tutte le indicazioni consigliateci per la maggiore sicurezza di tutti. Il Natale viene ogni anno ed esso non è mai una celebrazione ripetitiva e noiosa, soprattutto se lo viviamo come evento di grazia e di benedizione, offertaci direttamente da Dio, che “ha mandato il suo Figlio nel mondo non per condannare il mondo, ma perché il mondo abbia la salvezza mediante Lui”. Basterebbe questa bella notizia, questo “e-vangelo” per non perdere mai la speranza e la gioia di vivere. Ma è questione di fede ed è la fede la virtù oggi più che mai insidiata e minaccia. Spetta dunque a noi cristiani difendere le nostre radici cristiane e trasmettere alle nuove generazioni il senso vero della nostra vera religione e della nostre antiche tradizioni. Anche il Natale, come ogni realtà ed evento che celebriamo, non può non tenere presente del momento ecclesiale che stiamo vivendo, che è quello del Sinodo sulla Sinodalità, voluto da papa Francesco e che ci invita riscoprire la bellezza del camminare insieme, dello stare insieme, del decidere insieme. A questo stiamo lavorando ormai da mesi, fin dall’inizio dell’anno pastorale 2021-2022. Se ci pensiamo il messaggio del Natale si può ridurre essenzialmente a questa verità: che Gesù è venuto nel mondo per fare di noi un popolo, per costituirci in unità, perché non fossimo più ognuno per conto proprio, ma potessimo riscoprire la bellezza di appartenere, di formare una solo grande famiglia, la famiglia di Dio. Eppure sappiamo che il male più grande e antico di tutti i tempi della Chiesa è il forte individualismo che inesorabilmente ci accompagna. Tutti siamo figli della di certo non cristiana mentalità “ognuno per sé e Dio per tutti”. Anche Gesù avrebbe potuto ragionare così e dire “ognuno faccia quello che vuole, a me lasciatemi in pace, fatemi godere la gioia del mio santo paradiso”. Ma è sceso sulla terra, è venuto nel mondo, per abitare in mezzo a noi, “per piantare la sua tenda in mezzo a noi”. Quest’ultima espressione è stato anche l’idea del nostro presepe di quest’anno, che rappresenta il luogo della nascita del Bambino Gesù proprio dentro una tenda di pastori. Ma Gesù non è venuto per starsene comodamente al sicuro, dentro quella tenda, ma da lì a pochi giorni la santa famiglia di Nazareth si metterà in cammino, uscirà dalla tenda, per andare nel mondo, per portare agli uomini la salvezza. Ecco perché per noi cattolici chiamati a vivere la sinodalità dobbiamo riscoprire, non solo in questo Natale, ma in tutta la nostra vita, che la gioia della fede sta proprio nel saper piantare la tenda della Chiesa (che siamo noi) in mezzo alle tende degli uomini (il mondo). Da qui il dono della comunione, ma nello stesso tempo, non per fermarci dentro la tenda della Chiesa per trovare rifugio, sicurezza e tranquillità, ma per uscire e andare verso le più diverse lontane periferie per diffondere la pace, la gioia e l’amore. Ed ecco il dono della missione, sentirci anche noi apostoli e missionari. L’augurio allora è proprio questo, che il Natale sia un’ennesima buona occasione per riscoprire la bellezza di appartenere a Cristo e alla Chiesa, per riscoprire la gioia di stare insieme, ma soprattutto di camminare insieme per le strade del mondo verso l’eternità.
Buon Natale a tutti.
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