Il commento al vangelo di Domenica 13 giugno 2021 a cura di Monsignor Giacomo D'Anna.
Concluso il tempo pasquale con la solennità della Pentecoste, siamo rientrati nel tempo cosiddetto “ordinario”. Dopo due domeniche dedicate alle verità di fede più belle e importanti, quali la Santissima Trinità e il Corpus Domini, adesso ci incamminiamo in questo tempo liturgico tutto da riscoprire.
In genere quando usiamo il termine “ordinario” pensiamo a qualcosa di secondaria importanza, di poco valore rispetto alle cose straordinarie ed eccezionali. Questo è invece il tempo di vivere la ferialità della fede, ossia non la fede dei grandi momenti liturgici come Avvento e Quaresima, Natale e Pasqua, bensì il tempo di quei cristiani che sanno di essere tali non solo nei giorni festivi ma anche feriali, ossia quotidianamente: la fede deve entrare nella vita di ogni giorno. Ed è proprio della vita di ogni giorno di Gesù che ci interesseremo nel corso delle oltre venti domeniche che seguiranno. Possiamo infatti affermare che il nostro tempo ordinario coincide con il cosiddetto ministero pubblico di Gesù, ossia le sue giornate tipo, fatte di parole espresse nella sua predicazione e di segni taumaturgici, miracoli e guarigioni, che leggeremo nelle prossime domeniche. Entrambi gli elementi, parole e segni, sono utili agli ascoltatori di ieri e di oggi per conoscere meglio Gesù e poter dare un assenso di fede più maturo e sincero. Il vangelo di questa undicesima domenica del tempo ordinario ci parla di Gesù che insegna cosa è concretamente il Regno di Dio e lo fa mediante delle immagini semplici, vicine, comprensibili a tutti, anche ai bambini. Per farlo oggi usa due parabole. La prima ci dice che il regno di Dio è come un seme gettato nel terreno. La seconda invece impiega l’immagine del granellino di senape. Entrambe ci ricordano qualcosa di minuscolo, di piccolo, quasi di impercettibile, ma che è destinato a diventare qualcosa di grande, di maestoso, di importante. Vengono ribaltate le categorie per cui nella mentalità umana è importante e significativo ciò che si vede, ciò che appare, mentre è trascurabile tutto ciò che è piccolo. Lo compresero bene i santi della Chiesa di tuti i tempi. Mi piace ricordare in particolare i due grandi Francesco della nostra storia cristiana. Il primo, quello di Assisi, che volle che i suoi frati si chiamassero “minori” per sottolineare l’inferiorità dell’ordine religioso da lui fondato rispetto alle comunità monastiche del suo tempo. Il secondo, quello di Paola, sembrò fare a gara con il precedente dicendo che se i francescani di Assisi erano “minori”, quelli di Paola dovevano essere denominati e conosciuti come i “minimi”., ossia inferiori a tutti. Che scuola di umiltà e di saggezza! Altro che il “tu non sai chi sono io”, espressione frequente sulle labbra di molti, che pur si dicono cristiani. Della prima immagine cogliamo un solo spunto di riflessione, quello che ci viene dalla frase «dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce». Questo per ricordarci che il risultato del raccolto non dipende dall’abilità del contadino, ma da Dio, artefice e Signore di tutte le cose Questo non per suscitare in noi sentimenti di pigrizia o di indolenza, ma perché nessuno abbia a pensare che i frutti del proprio lavoro dipendano dalle capacità personali e bravura organizzativa. Bando dunque alla superbia, per far posto all’umiltà del cuore. È Dio che fa crescere, dirà l’Apostolo: «anche se Paolo ha piantato, Apollo ha irrigato, è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irriga, è qualche cosa, ma Dio che fa crescere». Quanta fede in questa espressione! Nella seconda parabola, quella del granellino di senape, sottolineiamo un altro dei tanti elementi di riflessione oggi presenti nel testo evangelico. Mi piace farlo con le parole di un famoso canto liturgico che dice: «Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino… Io vorrei che fiorisse il seme, io vorrei che nascesse il fiore, ma il tempo del germoglio lo conosce il mio Signore». Guai a noi dunque a pretendere frutti facili e immediati! La nostra preoccupazione non può essere concentrata sull’immediatezza dei risultati; ci ritroveremo inevitabilmente ben presto aridi, demotivati e disimpegnati. Se invece puntiamo sulla grazia di Dio, ossia sulla sua forza e potenza, non solo i frutti desiderati non tarderanno ad arrivare, ma ci sentiremo già felici, motivati e realizzati.